venerdì 2 settembre 2022

Dialoghi. Paolo De Chiesa



Siamo a colloquio con Paolo De Chiesa, figura di riferimento per gli sport invernali, testimone degli anni più belli del nostro sci, protagonista di epiche sfide, ed oggi commentatore ed analista raffinato e intelligente. Innanzitutto, giunti come siamo al primo anno del percorso olimpico verso Milano Cortina 2026, volevamo chiedergli quali prospettive ci sono per lo sci italiano, per le discipline tecniche e per quelle della velocità. 


Intanto grazie per le belle parole. Iniziamo da Milano-Cortina. In realtà ci sono ancora tre stagioni piene più l'anno olimpico, e quindi molte cose potranno cambiare.

Per quanto riguarda lo sci alpino, abbiamo grandi campioni anche se purtroppo pochi, soprattutto tra gli uomini. Ma andiamo con ordine. In campo femminile, Sofia Goggia fa un mestiere molto pericoloso, come abbiamo visto in questi anni. Se tutto, come speriamo, andrà bene nelle prossime stagioni, sarà sicuramente una protagonista assoluta delle olimpiadi del 2026. Per quanto riguarda la Brignone invece, avrà 37 anni per questo appuntamento e parteciperà solo se potrà ancora essere ai massimi livelli, altrimenti no. La Bassino, in ultimo, è giovane ma, pur essendo una grandissima, non è ai livelli delle due compagne. È comunque in grado di arrivare tranquillamente a medaglia.

Vedremo poi se verranno fuori delle nuove campionesse. A me piace molto la Pirovano che si è però fatta male e dobbiamo capire come reagirà. In slalom c'è davvero poco ahimè. 

Passando agli uomini, Paris rimane il nostro massimo campione, nonostante dopo l'infortunio non sia più quello di prima, soprattutto in SuperG e, nella sua discesa, non è sempre il Paris che conoscevamo. Vedremo la prossima stagione cosa ci dirà di lui. 

Per quanto riguarda lo slalom, è dura. Moelgg si è ritirato ed era fisiologico; né Gross, né ovviamente Razzoli potranno arrivare al 2026. Resta quindi Vinatzer, atleta velocissimo, sul quale sono appuntate le speranze dello sci azzurro: deve però ancora dimostrare di essere un campione vero, capace di vincere, in una disciplina così complessa come lo slalom, dove emergere è un'impresa più che ardua (lo abbiamo visto una volta ancora quest'anno).

Per il gigante c'è De Aliprandini che, nonostante la medaglia mondiale, non può essere un riferimento (ha fatto un solo podio in coppa del mondo nella sua carriera). Può andare a medaglia, ma più facilmente no.

Per i giovani, ci sono Della Vite e Franzoni, molto bravi, che però devono ancora dimostrare tutto: possono diventare bravissimi ma è presto per fare pronostici, essendosi appena affacciati in coppa del mondo. 

Insomma, il futuro non sembra roseo ma qualcosa può cambiare in meglio. Adesso c'è Paolo De Florian come allenatore responsabile (figlio del mio allenatore Cesco De Florian) e speriamo possa far venire fuori qualche bella novità. Speriamo, appunto.

Programmare questi eventi non è, in ogni caso, facile. Ci sono dei giovani molto bravi che però sembrano fare fatica ad arrivare ai più alti livelli.




Quali sono, invece, le prospettive per la prossima coppa del mondo? C'è molta attesa per la nostra incredibile squadra femminile così come per le prestazioni della fuoriclasse assoluta Shiffrin. Che stagione si aspetta per le donne? Tra gli uomini invece ci sono dei veri colossi, Odermatt e Kilde su tutti. Cosa ne pensa Paolo De Chiesa? 


Intanto vediamo come avranno passato l'estate questi grandi campioni. Tra gli uomini, Odermatt è un fenomeno, un campione assoluto che spazia nella polivalenza: imbattibile in gigante, straordinario in SuperG, capace di vincere in discesa. Renderà carissima la vita agli avversari. Poi c'è appunto il granitico Kilde, che dopo l'infortunio ha perso qualcosa, ma è sempre lì, ovviamente, mentre Kristoffersen essendo limitato alle sole discipline tecniche non ha le stesse chance. 

In campo femminile, la Shiffrin sarà ancora la campionessa da battere: sta forse spostando i suoi orizzonti verso le discipline veloci mentre in quelle tecniche non è più imbattibile come prima. Certo, c'è stata la débâcle olimpica, ma molto probabilmente è stata legata al tipo di neve, tanto che al rientro in coppa ha ricominciato a vincere. È umana pure lei, a dimostrazione che anche gli dei possono cadere. Del resto, forse per la tragica vicenda del padre, è cambiata, si è mostrata più fragile e quindi anche più amata.



La formula della coppa del mondo è sempre vincente e affascinante. Ci sono gare dal fascino immutabile, che valgono quasi più di quelle iridate o olimpiche. Le novità proposte vanno nella giusta direzione? Che possiamo aspettarci dalla nuova discesa del Cervino?


Quella di Cervinia è una grande e bella scommessa anche se quest'anno, considerato lo stato del ghiacciaio soprattutto nel versante italiano, non sarà facile disputare la gara, a meno di un drastico raffreddamento del tempo già ai primi di ottobre. Ci sono stati comunque sforzi enormi, sia da parte svizzera che da parte italiana e speriamo che il tempo darà una mano: è lui il giudice impietoso. La pista non è difficile, si tratta più che altro di una bella operazione di marketing per lo sci, ma sul piano tecnico non è al livello di altre piste di coppa del mondo. 

Per quanto riguarda la struttura della coppa, pongo il caso della combinata: è una gara potenzialmente bella ma che purtroppo è per pochi intimi. In ogni modo, essendo presente nelle rassegne mondiali e olimpiche, deve essere presente anche durante la stagione: è un grandissimo errore che non sia inserita nei calendari.

Il parallelo invece non è una gara adeguata: è un ibrido, negli intenti e nell'interpretazione. È un'esibizione da circo, poco credibile sul piano tecnico ed inoltre, per come si va oggi, è anche molto pericolosa per gli atleti.

A me piace lo sci delle grandi classiche: Wengen, Kitzbühel, Garmisch, Val Gardena, Badia, Campiglio, Adelboden, sono templi che con le loro colonne tengono in piedi tutto: hanno appeal, hanno grande seguito, su queste si deve puntare sempre. Sono gare dai grandi contenuti, iconiche, irrinunciabili, che non vanno neanche messe minimamente in discussione: senza le gare in queste località finirebbe lo sci, così come finirebbe lo sci senza più le squadre nazionali, come qualcuno vorrebbe (la federazione internazionale in questo mostra qualche ambiguità, soprattutto se cerca di imitare in piccolo altri circuiti come la Formula 1).



Vorrei concludere con una domanda sulle nostre montagne, da nord a sud. Il cambiamento climatico avanza drammaticamente e l'Italia è una terra di confine, per molti aspetti. Quanto è possibile fare per garantire un maggiore equilibrio tra sport invernali e ambiente?


Lo sci è legato totalmente alle condizioni climatiche e, di questo passo, sembra destinato a soffrire parecchio. L'accelerazione dei cambiamenti è sicuramente opera dell'uomo, pur essendoci dei cambiamenti che invece sono ciclici e sui quali si può fare ben poco. Il paradosso è che, oggi, non è l'Europa la frontiera, che è già avanti nella transizione, ma i grandi paesi come Cina e India a cui, del resto, non si può chiedere di smettere di utilizzare fonti fossili che invece noi per decenni abbiamo usato senza farci troppi problemi. Speriamo che ci sia ancora tempo per fronteggiare il cambiamento. Io ho comunque grande fiducia nella Terra e nella sua capacità di trovare in ogni caso nuovi equilibri. Però dobbiamo fare la nostra parte. 




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